La cronaca politica dei giorni scorsi è stata a lungo dominata dalla vicenda della nave Diciotti, la nave della Guardia Costiera italiana che, la notte del 15 agosto, ha recuperato 190 migranti che si trovavano su un’imbarcazione in avaria in acque maltesi e a cui, dopo uno scambio di accuse tra governo italiano e maltese, è stato alla fine indicato come porto di approdo, il 20 agosto, quello di Catania, dove però gli immigrati hanno dovuto attendere altri cinque-sei giorni prima che il ministro dell’Interno Matteo Salvini, la sera del 25 agosto, ne autorizzasse lo sbarco, dopo aver alzato la voce affinché gli altri paesi europei ne accogliessero una parte, e che sono stati quindi redistribuiti tra Chiesa italiana, Albania e Irlanda. Da questa vicenda ne sono scaturite anche vivaci polemiche fra lo stesso Salvini e la magistratura, in quanto il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio lo ha iscritto nel registro degli indagati assieme al suo capo di gabinetto Matteo Piantedosi, inizialmente con ben cinque accuse, ossia sequestro di persona, arresto illegale, abuso d’ufficio, sequestro di persona a scopo di coazione e omissione di atti d’ufficio, che la procura di Palermo ha poi modificato in sequestro di persona aggravato, facendo decadere le altre, e da cui è stato scagionato Piantedosi.
Salvini, però, si è fin da subito posto in un atteggiamento quasi di sfida nei confronti dei magistrati: il 27 agosto, in un’intervista al “Messaggero” e al “Mattino”, ha infatti affermato che “da Agrigento verranno tante cose positive e quindi ringrazio il pm perché sarà un boomerang“, per poi aggiungere: “credo che ad Agrigento abbiano sbagliato i loro conti se pensavano di fermare o intimorire qualcuno“. Quando invece, il 7 settembre, gli viene notificato al Viminale l’atto della Procura di Palermo, il leader leghista lo legge e lo commenta in diretta Facebook con i suoi “fedelissimi”, affermando: “Qui c’è la certificazione che un organo dello Stato indaga un altro organo dello Stato, con la differenza che questo organo dello Stato, pieno di difetti e di limiti, per carità, è stato eletto, altri non sono eletti da nessuno. A questo ministro avete chiesto di controllare i confini, controllare gli sbarchi clandestini. Non sono preoccupato, né terrorizzato. Continuerò a fare oggi, domani e in futuro. Non mi toglie il sonno, questo foglio lo appendo nel mio ufficio: medaglietta”.
Il giorno prima, invece, a proposito dell’inchiesta della procura di Genova sui fondi della Lega, Salvini aveva commentato: “Se vogliono toglierci tutto ci tolgano tutto, noi faremo politica tranquillamente, abbiamo gli italiani con noi, quindi facciano quello che credono“. Infine, pochi giorni fa, quando la Corte dei Conti ha aperto nei suoi confronti un fascicolo per danno erariale, per capire quanto sia costato allo Stato il blocco della Diciotti al porto di Catana, egli ha scritto su Twitter: “Ora mi denunciano anche per “danno erariale” per aver bloccato le navi cariche di immigrati… Ma quanta pazienza serve? Comunque altra medaglia, non si molla!“. Dopo queste affermazioni, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, del M5S, aveva chiesto al suo collega all’Interno di non tornare agli anni della Seconda Repubblica. Con questi toni, in effetti, Salvini sembra richiamarsi al Berlusconi di 10-15 anni fa, in perenne scontro con la magistratura, anche per questo suo continuo far riferimento al fatto di essere stato eletto con parecchi voti e di godere di un ampio consenso popolare, come se questo lo ponesse al di sopra della legge, e immune dal giudizio della magistratura.
Il vicepremier Luigi Di Maio, invece, che è anche il leader di un partito, il Movimento 5 Stelle, generalmente assai “giustizialista”, che attaccava gli avversari ogni qualvolta questi potessero essere sfiorati da qualche indagine, si è dovuto stavolta “arrampicare sugli specchi” per cercare di difendere comunque l’alleato di governo: “Il ministro Salvini è indagato e io credo sia un atto dovuto in quanto ministro dell’Interno e quindi titolare delle decisioni su quelle materie. Allora, come ci si comporta in questi casi? Prima di tutto nel nostro contratto di governo c’è anche un codice etico dei ministri e in base a quel codice etico– e anche a quello del nostro Movimento- il ministro dell’Interno deve continuare a fare il ministro” ha infatti affermato, pur esprimendo “pieno rispetto per la magistratura“. Sulla vicenda, alcuni giorni fa, si era giunti anche ad una sorta di “botta e risposta” tra il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e lo stesso titolare del Viminale, in quanto Mattarella, ricordando il centenario della nascita di Oscar Luigi Scalfaro, aveva affermato: “I giudici traggono la loro legittimazione dalla Costituzione. Nessuno è al di sopra della legge, neanche gli esponenti politici“.
Salvini, su Facebook, aveva poi replicato: “Il presidente Mattarella oggi ha ricordato che nessuno è al di sopra della legge. Ha ragione. Per questo io, rispettando la legge, la costituzione e l’impegno preso con gli italiani, ho chiuso e chiuderò i porti a scafisti e trafficanti di esseri umani. Indagatemi e processatemi, io vado avanti! #portichiusi e #cuoriaperti”. Il ministro, essendo oltretutto a capo di un dicastero importante e delicato come quello dell’Interno, quindi a capo delle forze dell’ordine, dovrebbe invece evitare di porsi in un atteggiamento così polemico, quasi di scontro, con un altro potere dello stato, quello della magistratura, avere rispetto di questa e di tutte le istituzioni e, soprattutto, non evocare di continuo il consenso popolare, come se, grazie a questo, fosse un po’ “meno uguale” degli altri cittadini, e fosse al di sopra della legge, o non tenuto al pieno rispetto di essa. Salvini, in effetti, ha sempre fatto assai riferimento all’apprezzamento e al consenso riscosso dal suo partito o da lui stesso, da leader populista qual è, ma dovrebbe capire che, ora, non è più semplicemente il capo di un partito, quindi non può comportarsi come se fosse perennemente in campagna elettorale, perché è al governo, è un uomo delle istituzioni che rappresenta l’intero paese, anche chi non si riconosce, o avversa, le sue idee politiche, e non dovrebbe basare le sue azioni politiche sul consenso che esse potrebbero ricevere, ma fare invece in modo che esse siano sempre rispettose della legge.
L’intera vicenda della nave Diciotti, del resto, è stata gestita in prima persona dal ministro dell’Interno, che, come, in parte, già era accaduto con la nave Aquarius, intendeva, in tal modo, fare pressione sugli altri paesi europei affinché questi accogliessero una quota di migranti, ma, in tal modo, ha tenuto questi, già provati da un lungo viaggio e, talvolta, anche dalle violenze e dalle torture nei lager libici, bloccati per altri cinque-sei giorni nel porto di Catania. Si può quindi ritenere fondata l’ipotesi che sia stato commesso pure il reato di sequestro di persona da parte di Salvini nei confronti di queste persone, anche se spetterà poi alla magistratura convalidare o rigettare tale ipotesi, ma quel che è certo è che è stato riservato loro un trattamento non degno di un Paese civile e accogliente quale l’Italia, in molte altre occasioni, è stata, ma, anzi, pressoché disumano.