Si è aperta ufficialmente martedì 20 la crisi di governo, con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che, nel pomeriggio, ha parlato in Senato ed è quindi salito al Quirinale per rassegnare le dimissioni nelle mani del presidente della Repubblica. Era stato il leader leghista Matteo Salvini, lo scorso 8 agosto, ad avviare tale crisi, dopo che la stessa maggioranza giallo-verde si era spaccata sulla Tav Torino-Lione, contro la quale il Movimento 5 Stelle aveva presentato in Senato una sua mozione, che però non era passata, mentre la Lega e il centrodestra avevano votato quella a favore della linea ad alta velocità presentata dal Pd, che era stata invece approvata. Salvini, quindi, già l’8 agosto, aveva dichiarato in una nota: “Andiamo subito in Parlamento per prendere atto che non c’è più una maggioranza, come evidente dal voto sulla Tav, e restituiamo velocemente la parola agli elettori”. Il Carroccio, infatti, inizialmente diceva di voler andare alle urne il prima possibile, e il Pd si diceva d’accordo, mentre il Movimento 5 Stelle sperava di portare prima a termine il taglio dei parlamentari.
Nel frattempo, però, si stava anche sondando il terreno per eventuali maggioranze alternative, soprattutto fra Movimento 5 Stelle e Pd, anche perché non è detto che il capo dello Stato fosse favorevole ad andare alle elezioni subito, data l’imminenza dell’approvazione della legge di bilancio. Domenica 11, in un’intervista al “Corriere della Sera”, l’ex segretario democratico Matteo Renzi ha pertanto aperto all’ipotesi di un “governo istituzionale” per evitare l’aumento dell’IVA, che scatterà automaticamente in caso di mancata approvazione della legge di bilancio. Il 13 agosto, il Senato ha fissato per il 20 agosto le dichiarazioni di Conte sulla crisi, e non subito, come invece chiedeva la Lega, mentre, con il passare dei giorni, sembrava farsi sempre più concreta la possibilità di un’alleanza tra Pd e M5S. Salvini, resosi conto che la crisi da lui innescata rischiava di volgere a suo sfavore, ha fatto una parziale retromarcia, prima dicendo di voler votare assieme ai pentastellati il taglio dei parlamentari, poi, a Ferragosto, smentendo di aver annunciato la fine dell’esecutivo e cercando di ricomporre la frattura con il Movimento 5 Stelle. Domenica 18, però, si è tenuta una riunione dei vertici del M5S nella villa del fondatore Beppe Grillo, da cui è emersa una netta chiusura verso Salvini, definito in un comunicato “non più credibile” e “inaffidabile”.
Martedì 20, dunque, il premier Conte ha annunciato le sue dimissioni al Senato, con un lungo discorso nel quale non ha risparmiato pesanti attacchi al leader leghista, che, ha affermato, “ha seguito interessi personali e di partito”, e rinfacciandogli tra l’altro l’uso improprio dei simboli religiosi e il non essersi presentato in Senato a riferire sul “Russiagate”. Dopo le dimissioni di Conte, sono quindi iniziate, mercoledì 21, le consultazioni dei vari partiti al Quirinale, e sono cominciate anche le trattative fra Pd e M5S alla ricerca di una maggioranza alternativa, con quest’ultimo che ha posto come primo requisito il taglio dei parlamentari, e il Pd che si è detto disponibile in tal senso, ma il segretario dem Zingaretti ha poi, per il momento, chiuso alla richiesta della riconferma di Conte a premier, sostenendo che “serve discontinuità”. Per il leader leghista Matteo Salvini, invece, “la via maestra sono le elezioni”, anche se continua a dare segnali di apertura verso gli ex alleati pentastellati.
Salvini, insomma, dopo essere stato il principale artefice della crisi, forse perché sperava di andare subito alle elezioni e di raccogliere così il vasto consenso attribuirgli dai sondaggi, si è trovato spiazzato quando invece si è iniziato a profilare uno scenario diverso, che prevedesse un’altra maggioranza di governo, e, forse proprio perché, anche sui social, in molti avevano iniziato a criticarlo per aver voluto “staccare la spina” prima del tempo al governo, ha in parte cercato di tornare sui suoi passi, anche se per ora il Movimento 5 Stelle non sembra intenzionato a dargli credito.Tutto questo mentre incombono le scadenze autunnali, come il 27 Settembre, data entro cui va presentata alla Camere la Nota di aggiornamento al Def, e poi, soprattutto, il 31 dicembre, termine ultimo per approvare la legge di bilancio, altrimenti scatta l”esercizio provvisorio”, ossia l’esecutivo, per un massimo di quattro mesi, può gestire l’amministrazione ordinaria con un limite di spesa assai ridotto, e l’Iva salirebbe automaticamente dal 22 al 25,2% nel 2020 e al 26,2 % nel 2021.
È quindi lecito sospettare che il leader della Lega non si sia voluto assumere la responsabilità di varare la legge di bilancio, anche per non dover effettuare con essa scelte impopolari o magari doversi rimangiare alcuni provvedimenti promessi a suo tempo, come la “flat tax”, e abbia cercato, invece, di incassare subito, andando alle urne magari con una coalizione di centrodestra, i frutti del consenso di cui godrebbe. Abbiamo visto, del resto, come Salvini sembra non aver mai smesso di essere in campagna elettorale, dato che, anche da ministro dell’Interno, ha continuato la sua offensiva mediatica sull’immigrazione, pure nelle ultime settimane, con la vicenda dell’Open Arms, la nave dell’Ong spagnola a cui non è stato consentito, per quasi venti giorni, di sbarcare a Lampedusa con i 134 migranti recuperati in mare, anche se Salvini stesso ha fatto scendere i minori dopo che il premier Conte gliel’aveva chiesto con due lettere.
Lo stesso Conte, del resto, sembra ora essersi notevolmente smarcato dal leader leghista, con il discorso pronunciato martedì 20 in Senato, ma fino a pochi giorni prima non ne aveva praticamente mai messo in discussione l’operato, anche nelle sue scelte più criticabili e che, però, sono un po’ i “cavalli di battaglia” della Lega, come quelle riguardanti l’immigrazione, con i due “decreti sicurezza” e la chiusura dei porti alle navi delle Ong. È forse ancora presto per prevedere come si risolverà la crisi, anche se gia’ domani potrebbe raggiungersi un accordo in tal senso, tuttavia sarebbe opportuno che, sia che si torni al voto, sia che si formi un’altra maggioranza, il nuovo governo sia in grado di affrontare seriamente i veri problemi del paese, a cominciare dalla disoccupazione, soprattutto giovanile, e dalle disparità sociali, invece di focalizzarsi esclusivamente sull’immigrazione, con provvedimenti assai discutibili, come i decreti sicurezza e la lotta alle Ong, che collocano l’esecutivo uscente inevitabilmente molto a destra. Qualora, invece, Movimento 5 Stelle e Lega decidano di tornare assieme, sarebbe magari opportuno che Salvini non sia più il titolare del Viminale, di modo che, su quella tematica, venga adottata una linea meno inflessibile ma anche più rispettosa dei diritti umani, anche dei migranti.