Si svolgono oggi, domenica 26 maggio (anzi, in molti Stati già si sono tenute nei giorni scorsi) le elezioni europee, con le quali i cittadini degli stati membri dell’Unione potranno eleggere i loro rappresentanti al Parlamento Europeo di Bruxelles, e che però hanno, chiaramente, anche forti risvolti sulla politica interna e rappresentano un importantissimo test per l’attuale governo gialloverde, oltre che per l’Europa stessa. E’ chiaro, infatti, che sarà un’occasione anche per misurare il consenso dei due partiti al governo, il Movimento 5 Stelle e la Lega, che, secondo i sondaggi, si sarebbe pressoché “invertito” rispetto alle elezioni politiche del 4 marzo 2018, e vedrebbero quindi il partito di Matteo Salvini diventare il primo partito, con oltre il 30 di gradimento, sebbene nelle ultime settimane questo sarebbe un pò calato), mentre il Movimento incasserebbe circa il 22 per cento, quando un anno prima erano stati i grillini ad ottenere il 32,6 per cento dei voti e la Lega il 17,4.
Fra Lega e M5S, del resto, sono emersi recentemente diversi attriti, forse proprio a partire dal “caso Siri”, che vedeva l’ormai ex sottosegretario leghista alle Infrastrutture e ai Trasporti indagato per corruzione, e del quale il vicepremier grillino Di Maio ha chiesto subito le dimissioni, mentre il leader leghista Salvini lo ha difeso, finché anche il presidente del Consiglio Conte non ha proposto la revoca dell’incarico, e il consiglio dei ministri, quindi, ha votato per tale revoca. Un altro motivo di scontro tra i due partiti di governo vi è stato certamente alcuni giorni fa, quando il ministro dell’Interno aveva annunciato che non avrebbe fatto sbarcare i 47 migranti a bordo della Sea Watch 3, che aveva raggiunto Lampedusa, ma che sono poi scesi dopo che la Procura di Agrigento e la Guardia di Finanza hanno deciso di mettere sotto sequestro la nave, contro il volere di Salvini, che ha attaccato indirettamente i pentastellati, dicendo: “Qualcuno l’ordine l’avrà dato. Questo qualcuno ne dovrà rispondere”. Dal M5s hanno subito fatto sapere che non sono stati i loro ministri. Sono stati inoltre rinviati a dopo il voto il decreto sicurezza bis, fortemente voluto dal leader leghista, che prevederebbe un’ulteriore criminalizzazione di quanti salvano i migranti in mare, e il “decreto famiglia“, voluto invece dai grillini, anche se Di Maio aveva detto di poter aspettare dopo le elezioni:
Sarebbe stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, durante l’incontro avuto mercoledì al Quirinale con il premier Conte, ad invitarlo a non forzare la mano, visto che sul primo sarebbero stati mossi, proprio dal Capo dello Stato, rilievi di costituzionalità, mentre sul secondo, come sottolineato dal ministro dell’Economia Giovanni Tria, vi sarebbe il problema delle coperture. Il Movimento 5 Stelle, insomma, starebbe forse cercando di “smarcarsi” dall’alleato leghista e di cercare di recuperare consensi “a sinistra”, per quanto tali prese di posizione sembrano piuttosto tardive, dato che, finora, lo ha assecondato quasi del tutto, perlomeno sul tema più caro a Salvini, quello dell’immigrazione. Il ministro dell’Interno, infatti, come se si fosse perennemente in campagna elettorale, non ha mai smesso di considerare tale fenomeno qualcosa di negativo o di associarla ad episodi criminali, presentandosi come l’unico che la può contrastare o arginare, anche con metodi assai discutibili, quindi con il suo “decreto sicurezza” e, poi, con la chiusura dei porti alle navi delle Ong che recuperano i migranti nel Mediterraneo, e talvolta persino non facendo sbarcare per alcuni giorni i migranti da tali navi, azione per la quale era finito anche sotto inchiesta nel “caso Diciotti”.
Il leader leghista, invece, dopo essersi mostrato iperattivo su tale fronte, al punto da togliere, in parte, visibilità al resto della compagine di governo, sarebbe riuscito, secondo i sondaggi, ad incrementare di molto il suo consenso, proprio a scapito di un Movimento 5 Stelle più “passivo”, e, qualora da queste elezioni ottenesse anche qualche punto sopra il trenta per cento, potrebbe poi cercare di far cadere il governo per tornare al voto e presentarvisi a capo di una coalizione di centrodestra in cui, però, il suo partito la farebbe praticamente da padrone sugli alleati e lui si presenterebbe quale candidato premier. Un’altra ipotesi è invece che Salvini punti ad un “ribaltone” in cui lui stesso, o comunque un leghista, sostituirebbe l’attuale premier Conte a palazzo Chigi.
Guardando, invece, all’opposizione, per il Pd è il primo “test” elettorale dell’era Zingaretti, anche se, finora, si è riscontrata una scarsa discontinuità rispetto all’era renziana, perlomeno nei contenuti, visto che, ad esempio, il nuovo segretario, appena eletto, si è recato a Torino per “dare una mano a Chiamparino sulla TAV“, e ha detto che non riteneva una “priorità” ripristinare l’articolo 18 e “non farebbe una patrimoniale“, anche se non abolirebbe neanche il reddito di cittadinanza” che però “va migliorato”. Prevista però anche l’istituzione di un salario minimo comune e di un’indennità europea di disoccupazione. A livello europeo, però, lo scontro è certamente tra le forze cosiddette “sovraniste“, che puntano a riaffermare con decisione il ruolo dei singoli Stati all’interno dell’Unione Europea e sono assai critiche nei confronti di tale istituzione, anche se forse non mirano più ad uscire da essa o ad un suo totale sfaldamento, e i partiti “europeisti”, che invece vogliono ribadire l’importanza del progetto europeo, anche con i limiti che da questo derivano all’azione dei singoli Stati.
I partiti “sovranisti”, come, in Italia, la Lega e il Movimento 5 Stelle, muovono le loro critiche verso l’Europa principalmente per i vincoli economici che questa impone, ritenuti spesso troppo stringenti, ma sono spesso anche contrari al fenomeno dell’immigrazione, che pretendono di contrastare con la chiusura delle frontiere, e però pure ad un’eventuale redistribuzione dei migranti che, invece, avvantaggerebbe chi, finora, se ne è fatta più carico, come l’Italia. Sicuramente, al momento, l’Unione Europea gode di scarsa popolarità, ed è sostanzialmente vero che essa impone ai governi nazionali limiti troppo stringenti in campo soprattutto economico, tuttavia non appare una soluzione auspicabile, nè, forse, praticabile un completo disfacimento di tale istituzione a vantaggio di un rafforzamento della sovranità dei singoli Stati, che, come la storia insegna, sono stati spesso in dissidio fra loro, ed anzi, tali attriti tendono ancora a riemergere ciclicamente, ma è comunque necessario cercare, nei limiti del possibile, di migliorarla, proprio facendo in modo che vi sia un’effettiva collaborazione e cooperazione fra i suoi membri, e non che alcuni finiscano comunque per far prevalere i propri interessi.