Conosceremo fra poche ore, quando chiuderanno le urne, l’esito delle elezioni politiche, che, stavolta, sembra essere veramente incerto, e che ci potrebbero consegnare, un pò come nel 2013, un’Italia sostanzialmente “spaccata” in tre fra centrodestra, centrosinistra e Movimento 5 Stelle, il quale, stando ai sondaggi, potrebbe essere il partito più votato, ma che difficilmente, però, arriverebbe ad ottenere quel 40% dei consensi che gli consentirebbe anche di governare da solo. Si è appena conclusa, dunque, una campagna elettorale poco entusiasmante, in cui ogni partito cercava il modo per screditare gli altri, ma raramente era in grado di formulare lui stesso proposte su come affrontare i principali temi del dibattito, in cui, insomma, si è parlato ben poco di programmi, e che, perlomeno all’inizio, è stata anche condizionata dai fatti di Macerata, dalle reazioni dei vari partiti a tali avvenimenti e dalle polemiche sulla questione dell’immigrazione. La Lega Nord,che cavalca spesso il tema della lotta all’immigrazione clandestina, finendo talvolta anche per sfociare nella xenofobia, dopo la sparatoria avvenuta nella città marchigiana contro alcuni stranieri per mano dell’estremista di destra Luca Traini, avrebbe anche guadagnato qualche consenso.
Oltre alla questione dell’immigrazione e a una revisione della legge sulla legittima difesa, la Lega propone anche l‘abolizione della legge Fornero e, come il resto del centrodestra, la cosiddetta “Flat tax”, ossia la tassazione con un’unica aliquota, che il partito di Salvini vorrebbe al 15 per cento, Berlusconi, invece, al 23. Quest’ultima misura, comunque, sembra in palese contrasto con il principio di progressività fiscale previsto dalla nostra Costituzione, e appare anche di difficile realizzazione, a meno di non garantire minori introiti allo Stato, che, però, significherebbero anche una minore possibilità di spesa di questo per beni e servizi fondamentali per i cittadini. Il centrodestra si è intanto “ricomposto” mettendo nuovamente in campo l’alleanza tra Forza Italia, la Lega e Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, ma solo negli ultimi giorni si è ufficializzata la candidatura a premier del presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, dato che Berlusconi è ancora incandidabile dopo la sua condanna per frode fiscale.
Sull’altro fronte, il Pd sembra giocare quasi “sulla difensiva”, dato il suo pesante calo nei sondaggi, che lo danno al 22 per cento, per cui la sua campagna elettorale è stata incentrata principalmente sul cercare di rivendicare alcuni risultati di questi anni al governo, come la legge sulle unioni civili, quella sul testamento biologico o sul “dopo di noi”. In coalizione con il Pd vi sono anche alcuni partiti minori, ossia +Europa di Emma Bonino, la lista “Civica Popolare” del ministro Lorenzin e la lista “Insieme”. Corre da sola, invece, “Liberi e Uguali”, la nuova formazione politica di sinistra, in cui sono confluiti Sinistra Italiana, Articolo 1-Mdp e Possibile e che presenta come leader il presidente del Senato Pietro Grasso, con un programma incentrato sul diritto ad un lavoro stabile, all’istruzione e alla sanità gratuite e alla difesa dell’ambiente. Il Movimento 5 Stelle, che è il vero favorito di queste elezioni, presenta un programma scritto dai suoi attivisti sulla “piattaforma Rousseau”, e che ha fra i punti cardine il reddito di cittadinanza, il superamento della riforma Fornero e il contrasto ai trattati internazionali TTIP e CETA.
Fra tutti i principali “contendenti” di questa tornata elettorale, però, non si capisce appieno chi, al di là di slogan e promesse elettorali, potrebbe veramente occuparsi delle priorità del nostro paese, a cominciare da un rilancio dell’economia, che ancora non è tornata a crescere come prima della crisi, e che dovrebbe portare, quindi, alla creazione di nuovi posti di lavoro, soprattutto per i giovani, che però dovranno essere il più possibile lavori dignitosi e non precari, per cui occorrerebbe anche ripensare certe scelte a livello legislativo fatte con il “Jobs Act”, oltre che varare più incisive misure di sostegno alle fasce deboli. A destra, inoltre, diversi partiti sembrano più interessati a sfruttare le paure e la percezione di insicurezza della gente, mettendo sotto accusa il fenomeno dell’immigrazione, che a fornire risposte concrete ai problemi, così come i partiti di sinistra non sono più ben radicati fra i bisogni e le istanze dei ceti popolari. Come accennato, però, il risultato delle elezioni potrebbe essere assai incerto, per cui si rischia, in sostanza, che non vi sia un vincitore, e che il prossimo governo sia basato su “grandi coalizioni” fra partiti che hanno poco in comune, o tra centrodestra e centrosinistra, oppure che si tratti di un governo tecnico, il che non garantirebbe la stabilità necessaria a intraprendere misure di lungo termine o magari impopolari.