Sono allarmanti i dati del “Rapporto sulla povertà in Italia” presentato martedì dall’Istat. L’Istituto di statistica stima infatti che nel nostro Paese vi siano un milione e 778 mila famiglie in povertà, pari a 5 milioni e 58 mila individui, e tale dato sarebbe il più alto dal 2005. Il rischio di povertà sarebbe più alto per chi ha figli piccoli, per cui vi sarebbero ben un milione e 208 mila minori in povertà assoluta, e sarebbe maggiore al Sud, dove, per le famiglie, sarebbe aumentato dall’8,5 per cento del 2016 al 10,3 per cento del 2017, mentre, per gli individui, dal 9,8 all’11,4 per cento. Sarebbe aumentata anche la povertà relativa, quella di chi vive in famiglie che, nel 2017, non potevano permettersi una spesa media di 1085,2 euro mensili per due persone, e che sarebbe passata, per le famiglie, dal 10,6% del 2013 al 12,3% del 2017 e, per gli individui, dal 14% al 15,6%. E’ dunque questo il problema, forse, principale che il nuovo governo dovrebbe affrontare, il tema che dovrebbe essere, più di tutti gli altri, al centro del dibattito e sulla cui risoluzione i vari schieramenti politici dovrebbero maggiormente confrontarsi, dato che riguarda concretamente la vita di milioni di persone, tuttavia esso non pare particolarmente trattato, né a livello mediatico né dalle forze politiche, mentre il nuovo esecutivo, e, in particolare, il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini, si sono subito concentrati sulla questione dell’immigrazione, principale cavallo di battaglia di quest’ultimo in campagna elettorale, una campagna elettorale che sembra voler condurre anche da ministro.
Salvini, infatti, come abbiamo visto, a neanche due settimane dal suo insediamento, stava venendo quasi allo scontro con l’Europa dopo la decisione di chiudere i porti alle navi delle Ong che salvano i migranti nel Mediterraneo, e il governo, al vertice Ue che si è svolto a Bruxelles, ha cercato di far ridiscutere a livello europeo il sistema di accoglienza degli immigrati, anche con la revisione del trattato di Dublino (sottoscritto, a suo tempo, pure dalla Lega), ma con risultati assai scarsi. Nel documento conclusivo del vertice si sostiene, infatti, che la gestione del fenomeno migratorio dev’essere “globale”, tuttavia si propone anche che la creazione di centri di prima accoglienza sia su iniziativa volontaria degli Stati, così come volontaria dovrebbe essere la redistribuzione degli immigrati. Il trattato di Dublino, inoltre, non viene superato, ma si fa semplicemente riferimento ad una riforma dello stesso, che dovrebbe avere il consenso unanime degli Stati membri. Intanto, nella notte tra giovedì e venerdì, un altro gommone con a bordo circa 120 migranti è affondato a sei chilometri dalle coste libiche, e la guardia costiera libica avrebbe recuperato 16 superstiti, ma anche i corpi senza vita di tre bambini, e vi sarebbero un centinaio di dispersi. Non è inoltre ancora ben chiaro se la barca affondata sia la stessa avvistata da un aereo militare spagnolo che aveva allertato la Open Arms, una nave della Ong Proactiva, che però non era potuta intervenire in quanto distante ottanta miglia ed a corto di carburante perché Malta non aveva concesso il rifornimento.
Se, da un lato, è giusto che gli altri paesi europei facciano maggiormente la loro parte nella gestione dell’immigrazione, che non può ricadere quasi solamente sull’Italia, appare però profondamente sbagliato, e sfiora il disumano, l’utilizzare i migranti stessi come arma di ricatto nei confronti dei partner europei, negando loro l’approdo nei nostri porti e costringendoli, come è accaduto, a vagare per giorni nel Mediterraneo, in attesa che Malta, la Spagna o la Francia li accolgano. E’ assurdo e disumano anche il voler affidare il controllo dell’immigrazione alla Libia, dove è noto che avvengano torture nei centri per migranti, una politica, questa, purtroppo già inaugurata dal precedente ministro dell’Interno Marco Minniti, con gli accordi con questo paese e con la sua guardia costiera affinché ne trattenesse il maggior numero possibile, e che Salvini vuole portare avanti, come dimostrato dalla sua visita lampo in Libia, nella quale avrebbe proposto la creazione di centri di accoglienza ai confini meridionali di tale paese, e ha addirittura affermato, contro ogni evidenza: “Ho chiesto di visitare un centro di accoglienza per migranti in costruzione, un centro all’avanguardia che potrà ospitare mille persone. Questo per smontare la retorica in base alla quale in Libia si tortura e non si rispettano i diritti umani”.
Il leader leghista, nel fomentare continuamente la paura di una presunta “invasione” di un Paese di sessanta milioni di abitanti da parte di alcune decine di migliaia di migranti, sfociando spesso nella xenofobia, e nel mostrarsi così risoluto ad affrontare la questione dell’immigrazione, ha fatto di questi una specie di capro espiatorio da additare all’opinione pubblica affinché essa, scagliandosi contro di loro, distolga in parte l’attenzione da argomenti che la toccherebbero molto più da vicino, come la povertà, la precarietà e le ingiustizie sociali, e per i quali, magari, potrebbe arrivare a prendersela con le forze politiche che più hanno perpetrato tali situazioni, o con chi addirittura si è arricchito con esse. Egli, inoltre, cerca sempre di far parlare di sé, quasi fossimo ancora in campagna elettorale, come dimostrato anche dalle sue dichiarazioni sulla scorta dello scrittore Roberto Saviano o sui vaccini, e punta a dare l’immagine di un politico che risolve i problemi, perché, probabilmente, vuole far crescere i consensi alla sua Lega, che, infatti, secondo i sondaggi, dal 17,5% incassato alle elezioni sarebbe arrivata quasi al 30%, e avrebbe quindi superato il Movimento 5 Stelle (dato al 29%), dal quale, presumibilmente, vorrebbe staccarsi in caso di nuove elezioni.
Intanto, però, il nuovo governo fatica a mantenere le promesse fatte in campagna elettorale sui temi economici e del lavoro: slitta ancora, infatti, il “decreto dignità“, annunciato dal ministro del Lavoro Luigi Di Maio, che dovrebbe prevedere anche la lotta alla precarietà, che per Di Maio, comunque, dovrebbe essere approvato la prossima settimana. Sembra essersi al momento arenata pure l’approvazione del reddito di cittadinanza, misura cardine del programma grillino, e che, secondo il vicepremier pentastellato, dovrebbe infatti avere la “priorità assolutà”, ma sulla quale il ministro dell’Economia Giovanni Tria frena, e vorrebbe casomai agire in due tempi, introducendolo quest’anno ma facendolo entrare effettivamente in vigore l’anno prossimo, per non avere altri costi per il 2018. Sempre a causa delle scarse coperture economiche, riforma della legge Fornero e “flat tax” rischiano di essere rimandate praticamente a tempo indeterminato. E’ chiaro, quindi, che l’esecutivo, o perlomeno il ministro dell’Interno, che ne è la figura con maggiore peso mediatico, vogliono probabilmente mostrare i muscoli sul tema dell’immigrazione per coprire, in realtà, la loro inadeguatezza nell’affrontare i veri problemi, per i quali, forse, vi è pure scarsa volontà nel risolverli, almeno per quanto riguarda la Lega, visto che la “flat tax” da questa proposta finirebbe, di fatto, per avvantaggiare principalmente i ceti medio-alti.