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Morti sul lavoro, una strage ignorata da media e politica

Secondo l'Inail, nel 2017 gli incidenti mortali sul lavoro sarebbero diminuiti, ma nei primi cinque mesi di quest'anno sarebbero di nuovo aumento, con 389 decessi: le forze politiche dovrebbero occuparsi di questo tema e ridare valore e dignità al lavoro.

Morti sul lavoro, una strage ignorata da media e politica 16 Luglio 2018Lascia un commento

Sono nato nel 1982 a Roma, e sono sempre vissuto, e vivo tuttora, nel quartiere Balduina, a cui sono molto affezionato e che considero uno dei migliori della città, ma di cui, al tempo stesso, conosco pure i difetti e gli aspetti che andrebbero migliorati.

Vi è, in Italia, un problema ampiamente sottovalutato, che non fa notizia e di cui, oltre ai media, anche la politica sembra disinteressarsene, nonostante si possa parlare di una vera e propria strage, che costa la vita a diverse centinaia di persone ogni anno: si tratta delle morti sul lavoro, che, secondo l’Inail, nel 2017 sarebbero diminuite, raggiungendo il minimo storico dal 1951, con 617 vittime, ma, nei primi cinque mesi di quest’anno, sono nuovamente aumentate, con 389 decessi, 14 in più (il 3,7%) rispetto all’anno scorso. Martedì scorso, a Napoli, un giovane di 21 anni ha perso la vita cadendo dal quarto piano di un palazzo dove stava pulendo la vetrata di un ascensore, in seguito alla rottura di quest’ultima, per un lavoretto “in nero” che svolgeva per arrotondare, oltre al suo principale lavoro di barista. Mercoledì, invece, a Marina di Carrara, è morto, travolto da un blocco di marmo, un uomo di 40 anni con un contratto di soli sei giorni, e, lo stesso giorno, a Campodarsego, in provincia di Padova, è morto cadendo da un’impalcatura un operaio di 45 anni, titolare di una ditta esterna che lavorava per la Maus, azienda al centro di varie vertenze sindacali negli ultimi mesi.

Vi è da dire, inoltre, che i dati forniti dall’Inail non forniscono un quadro del tutto completo del problema, in quanto l’ente previdenziale riconosce come morti sul lavoro solamente i suoi assicurati, e fra questi non rientrano diverse categorie di lavoratori, come carabinieri, poliziotti, vigili del fuoco e giornalisti. Sempre secondo l’istituto, inoltre, l’aumento degli incidenti mortali sul lavoro verificatosi nei primi cinque mesi del 2018 riguarderebbe principalmente gli stranieri, per i quali si sarebbe passati da 50 a 65 decessi ( 30%), mentre per gli italiani sarebbero diminuiti da 325 a 324. Nella metà dei casi, i lavoratori rientrerebbero nella fascia d’età tra i 50 e i 64 anni, per i quali vi sarebbe stato un incremento del 18%, da 167 a 197 decessi, mentre sarebbero diminuiti gli infortuni mortali per i lavoratori tra i 35 e i 49 anni (da 121 a 105, il 13,2% in meno), e sarebbero quasi invariati (da 28 a 30) quelli riguardanti i lavoratori sotto i 34 anni, così come quelli relativi agli over 65 (da 28 a 30). Secondo una mappa dell’Istat relativa al 2015, sono la Basilicata e la Calabria le regioni con il maggior numero di morti sul lavoro, mentre sarebbe la Lombardia la regione dove tale fenomeno è minore.

Secondo la sociologa Chiara Saraceno, il recente aumento degli incidenti mortali sul lavoro sarebbe dovuto principalmente alla qualità dell’occupazione, peggiorata anche per quelle mansioni considerate non rischiose, essendo spesso venute meno le sicurezze garantite da un lavoro a tempo indeterminato. Per la sociologa, infatti, con l’aumento dei lavori atipici, non vi è solo un problema “di insicurezza e quindi di ricattabilità”, ma anche “un problema dettato dal fatto che queste persone vanno a lavorare in posti che non conoscono e devono passare da un luogo all’altro. E in più più raramente degli occupati stabili sono soggetti di formazione sulla sicurezza“. Per la segretaria della Fiom Francesca Re David, le imprese, tramite una serie di appalti e subappalti, riescono a non assumersi direttamente la responsabilità degli incidenti, anche grazie ad una legislazione che, negli ultimi anni, ha modificato la responsabilità dell’impresa madre.

Quello delle morti sul lavoro è dunque un tragico fenomeno che la politica dovrebbe finalmente affrontare, senza limitarsi a qualche dichiarazione retorica in occasione degli eventi più drammatici, ma agendo concretamente per ridare valore e dignità al lavoro stesso, quindi con interventi che, diversamente da quanto fatto negli ultimi anni, vadano a contrastare la precarietà e favoriscano la creazione di nuova occupazione, che però dovrebbe essere anche un’occupazione di qualità, ben retribuita e con i giusti diritti e le dovute garanzie. Vi è da dire che il nuovo governo, a parte l‘iperattivismo del ministro dell’Interno Matteo Salvini nel voler gestire il fenomeno migratorio, anche con metodi quasi disumani come la chiusura dei porti, sta dando qualche timido cenno di voler intervenire pure in tal senso, con il “decreto dignità”, entrato in vigore il 14 luglio, che punta a disincentivare i contratti a tempo determinato e le delocalizzazioni delle imprese, e che però ha già portato ad uno scontro tra il ministro del Lavoro Luigi Di Maio e quello dell’Economia Giovanni Tria, da una parte, e il presidente dell’Inps Tito Boeri dall’altra, perché secondo l’istituto, con tale decreto si rischierebbe addirittura di perdere ogni anno ottomila posti di lavoro a tempo determinato, che non necessariamente verrebbero rimpiazzati da altrettanti posti di lavoro a tempo indeterminato.

Si tratta, tuttavia, di interventi dalla portata ancora piuttosto limitata, quindi certamente non risolutivi, che andrebbero, appunto, accompagnati da misure riguardanti la sicurezza sul lavoro, e, soprattutto, occorre che un tema così importante nonché drammatico come quello delle morti sul lavoro, e, in più in generale, del lavoro stesso, venga messo al centro del dibattito politico, e che le varie forze politiche si confrontino su di esso, su come riaffermare il diritto, previsto anche dalla Costituzione, ad un lavoro stabile, ben remunerato e con le necessarie tutele, invece di preoccuparsi esclusivamente, come sta succedendo nelle ultime settimane, della questione dell’immigrazione e di come contrastare un’inesistente “invasione”.

Sono nato nel 1982 a Roma, e sono sempre vissuto, e vivo tuttora, nel quartiere Balduina, a cui sono molto affezionato e che considero uno dei migliori della città, ma di cui, al tempo stesso, conosco pure i difetti e gli aspetti che andrebbero migliorati.

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