Il panorama politico italiano è mutato drasticamente all’indomani delle elezioni del 4 marzo e con il successivo insediarsi del governo M5S-Lega, ma, in parte, è cambiato e sta cambiando anche per le trasformazioni interne agli stessi partiti. Se, infatti, già più di un anno fa scrivevo che il Pd, per molte delle politiche da esso attuate, soprattutto in materia di lavoro ma anche per quanto riguarda la sicurezza e l’immigrazione, non andava, forse, più collocato nel campo della sinistra nè del centrosinistra, e sembrava, quindi, aver, almeno in parte, aver “tradito” gli ideali che ne avevano ispirato la nascita, analogamente, da quando è al governo, il Movimento 5 Stelle si sta dimostrando sempre più diverso da prima, e quanto avvenuto lunedi segna un passaggio fondamentale di tale trasformazione. Gli iscritti al Movimento erano infatti chiamati a indicare, rispondendo con un “sì” o con un “no” ad un quesito sulla piattaforma Rosseau, se ritenevano che il ministro dell’Interno Matteo Salvini avesse fatto sbarcare solo dopo diversi giorni i migranti a bordo della Diciotti (fatto per cui è accusato di sequestro di persona aggravato) “per tutelare l’interesse dello Stato, quindi deve essere negata l’autorizzazione a procedere”, o, al contrario, “non è avvenuto per l’interesse dello Stato, pertanto deve essere approvata l’autorizzazione a procedere”.
Alla fine, su 52.417 iscritti, il 59,05% (30.948) ha votato per il si, sostenendo quindi che il ministro abbia agito per tutelare l’interesse dello stato e l’autorizzazione a procedere non andasse concessa. Martedi, all’indomani di tale consultazione online, la giunta per l’immunità del Senato ha respinto la richiesta di autorizzazione a procedere del tribunale di Catania contro il leader leghista, sempre in merito al caso della nave Diciotti, e, anche qui, tutti e sei i componenti pentastellati della giunta hanno votato contro l’autorizzazione a procedere. Il Movimento appare dunque ormai ben lontano, ben cambiato dai suoi inizi, da quando i suoi sostenitori gridavano “Onestà, onestà” ed esso assumeva quasi sempre un atteggiamento “giustizialista”, di attacco a tutti i membri della “casta” che fossero sfiorati da qualche inchiesta giudiziaria, e talvolta anche di “epurazioni” ed espulsioni dei suoi stessi appartenenti che potessero avere problemi di questo tipo, o che avessero violato il loro codice etico, che prevede, del resto, che gli eletti, in caso di condanna già in primo grado, debbano dimettersi. Addirittura, il 25 novembre 2016, il capo politico del Movimento Luigi Di Maio dichiarava: “Se dovessi modificare la Costituzione, toglierei l’immunità”.
Probabilmente, però, questa presa di posizione “garantista” in favore dell’alleato di governo è solo l’ultima, e più clamorosa, “giravolta” compiuta da questo partito che si proclamava tanto diverso dagli altri da quando è al governo. Il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, espulso a suo tempo dal Movimento per aver ricevuto un avviso di garanzia e non averlo comunicato subito ai vertici, già lunedì sera, ha scritto un duro post su Facebook elencando tutti i punti sui quali i grillini sembrano aver cambiato posizione negli ultimi nove mesi: si va dal “tutto in streaming”, al “mai alleanze con i partiti“, al “mai in televisione“, al “fuori dall’euro”, al “fuori i partiti dalla Rai”, “no al TAP“, “niente più fondi alle scuole private”, “niente F35 acquistati”, “mai più condoni“, solo per citarne alcuni. E’ chiaro che governare è diverso dal fare opposizione, ed è molto raro, del resto, che, una volta asceso al governo, un partito riesca a mantenere quanto promesso in campagna elettorale, tuttavia il Movimento 5 Stelle si proclamava tanto diverso dagli altri, mentre, soprattutto con quest’ultima vicenda del voto contrario all’autorizzazione a procedere per il leader leghista, ha dimostrarsi di comportarsi proprio come i tanto da lui avversati partiti della “vecchia politica”, della “casta”.
Anche i pretesti addotti da Di Maio per “giustificare”, in qualche modo, questa scelta fatta dai sostenitori del Movimento e, poi, dai suoi esponenti nella Giunta per le immunità appaiono piuttosto capziosi, e somigliano, come si suol dire, ad un'”arrampicata sugli specchi”: “Non si tratta di salvare un ministro ma di una decisione politica che riguarda la linea politica sull’immigrazione” ha infatti affermato, ma verrebbe da chiedersi se questa linea politica prevede anche di non far sbarcare subito quei migranti, lasciandoli sulla nave Diciotti per diversi giorni, e quale sia “l’interesse dello Stato” tutelato agendo in tal modo. Del resto, è principalmente sul tema dell’immigrazione che il Movimento ha finito con il farsi dettare la linea dal suo alleato, per il quale è il principale “cavallo di battaglia” e che ha, in tal modo, trascinato parecchio a destra sia gli stessi pentastellati che il governo, adottando, in particolare con il “decreto Salvini“, politiche a carattere estremamente sicuritario e repressivo, che rasentano la xenofobia. Probabilmente, i grillini hanno preferito non interferire con le scelte di Salvini, e, soprattutto, impedire che egli venga processato per non minare l’alleanza con quest’ultimo e, quindi, la stabilità del governo, tuttavia l’essere cosi succubi al loro alleato, e il voler rimanere al governo lasciando correre tutto ciò, finisce per minare la loro credibilità e il volersi presentare come forza “nuova” e diversa dalle altre.
E’ anche vero, come dimostrato dalla votazione sulla piattaforma “Rosseau”, che una parte, a quanto sembra, maggioritaria del loro elettorato sembra comunque approvare tali ardui compromessi, ma ciò, forse, proprio perché i leader grillini non hanno fatto nulla per arginare la “narrazione” leghista, che si direbbe aver fatto in parte presa anche sulla base pentastellata, al punto che, secondo i sondaggi, la Lega avrebbe ora il 33% dei consensi, mentre il Movimento si fermerebbe al 22%, e i rapporti tra le due forze sarebbero, dunque, pressoché invertiti rispetto a come erano alle elezioni del 4 marzo. Vi sono, comunque, anche dubbi sulle modalità di voto sulla piattaforma Rousseau, e certamente i 52.417 votanti rappresentano una percentuale estremamente limitata dell’elettorato pentastellato. Lo stesso leader del Movimento Beppe Grillo, del resto, aveva dapprima criticato, sebbene in maniera un pò “criptica”, tale metodo di voto, affermando: “Se voti Si vuol dire No. Se voti No vuol dire Si. Siamo tra il comma 22 e la sindrome di Procuste!“. Quanto ai rapporti con l’alleato leghista, invece, il comico genovese ha spiegato: “Dobbiamo noi influenzare Salvini sui nostri temi che forse abbiamo un pò tralasciato”. Sembra inoltre che ormai non corrano più ottimi rapporti tra Grillo e Di Maio, sul quale il primo avrebbe affermato: “Secondo me con Di Maio bisogna avere un pò di pazienza”.